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giovedì 16 settembre 2021

Diciamo (ancora) no al nucleare e alle bugie sul prezzo del gas!

Salvini, Moratti e Fontana tornano a parlare di nucleare e di possibili centrali in Lombardia. La scusa sarebbe quella dell'aumento delle bollette energetiche e la favola quella del "nuovo nucleare verde".


Nonostante due referendum a distanza di molti anni uno dall'altro abbiano sancito la volontà degli italiani di non sviluppare la tecnologia nucleare in Italia, certa destra e un certo mondo industriale torna spesso su questa ipotesi. I motivi sono prettamente economici: il nucleare muove tanti soldi e quindi offre ottime possibilità di guadagno per chi lo gestisce. Basti ricordare Sogin, la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, che finora però non è riuscita ad espletare il compito: nel 2020 il conto arrivò a quattro miliardi, con i lavori a circa il 25%, quando invece sarebbero dovuti bastarne 3,7 per completarli. 


Chiariamo anche che il nucleare verde non esiste ancora e non esisterà per molto tempo. Per i cosiddetti reattori di quarta generazione non ci si aspetta alcuna produzione commerciale prima del 2050. In Europa il Paese più avanzato sul nucleare è la Francia che sta cercando di sviluppare reattori di generazione III+, ma i lavori per il nuovo reattore nella centrale nucleare di Flamanville iniziarono nel 2007 e sarebbero dovuti costare tre miliardi e mezzo, da progetto iniziale. Ora i costi sono lievitati, si è arrivati oltre gli undici miliardi e ancora non è stato ultimato. Potrebbe diventare operativo nel 2022: ci sono voluti quindici anni.

Germania e Svizzera hanno deciso di spegnere le proprie centrali, in Germania la produzione nucleare sarà azzerata entro il 2022, mentre in Svizzera delle quattro centrali attive una è già stata spenta nel 2019 e le altre lo saranno a breve.


Veniamo ora al tema dell'aumento delle bollette energetiche annunciato dal ministro per la transizione ecologica Cingolani, annuncio al quale però non sono seguite indicazioni strategiche su come affrontare il problema.


La causa di questo aumento è l'aumento del costo del gas sul mercato mondiale.  In Italia usiamo per lo più gas naturale che acquistiamo all'estero, principalmente dalla Russia. Questo dovrebbe quindi indurci ad accelerare sulla transizione energetica e, nel settore elettrico, favorire il passaggio diretto alle rinnovabili, una volta chiuse le centrali a carbone, e spingere l’energia più conveniente in assoluto, quella non consumata con le misure di efficienza e risparmio energetico.

Si accusa l'Europa di essere causa dell'aumento per aver introdotto l'obbligo di acquisto di certificati verdi alle imprese che inquinano. Il vicepresidente della Commissione UE, Frans Timmermans, ha dichiarato però che solo un quinto dell’attuale aumento dei prezzi può essere attribuito alla crescita del prezzo della CO2 e che il resto dipende dalle carenze del mercato. “Se avessimo fatto il Green Deal 5 anni fa non saremmo in questa situazione perché saremmo meno dipendenti dalle fonti fossili e dal gas naturale”, dice Timmermans.


L'Italia deve agire velocemente per andare verso una nuova economia, centrata sulla riduzione dei consumi energetici, potenziare la produzione di energia da fonti rinnovabili e la mobilità sostenibile. Smettiamola di sventolare bandiere anacronistiche come quella del nucleare o di accusare le misure per le indispensabili riduzioni di emissioni prese nell'ottica dell'interesse collettivo e dell'ambiente. Il Governo dovrebbe governare il processo e non farsi sorprendere da eventi ampiamente prevedibili.
Una cosa intelligente sarebbe eliminare i sussidi pubblici alle fonti energetiche fossili, come le trivellazioni. Sono 15 i miliardi di euro destinati, nel 2019, a sussidiare il settore energetico fossile del nostro Paese; che diventano 15,8 miliardi per il 2020.

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